Nelle Marche 85mila cittadini e 2.400 beni culturali a rischio per le frane. La mappa del dissesto

MARCHE - Nella nostra regione sono 85.226 i cittadini residenti in zone a rischio frana, e lo stesso pericolo interessa anche 2.444 beni culturali, il 12 per cento di quelli presenti sul territorio. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti regionale sul rapporto 2015 sul “Dissesto idrogeologico in Italia” presentato dall’Ispra, tanto più preoccupante considerata l’allerta meteo. Una situazione causata, secondo Coldiretti, soprattutto dalla cementificazione e dall’abbandono delle campagne, ma anche della pressione degli animali selvatici, con la nostra regione che nel giro di una ventina d’anni ha perso ben 83mila ettari di terre coltivate, con il venire meno della costante opera di manutenzione assicurata dagli agricoltori.

Degli 85mila marchigiani che vivono in area a rischio oltre un terzo (30.169) si trova in situazione di pericolo elevata. Su questo versante, la situazione peggiore si registra nella provincia di Ancona, con “allarme rosso”per 13.188 persone, seguita da Pesaro (5.749), Macerata, (5.442), Fermo (2.949) e Ascoli Piceno (2.841), il territorio più sicuro secondo Ispra. Dei 2.444 beni culturali in pericolo, invece, quelli che rischiano di più sono 1.247, ovvero più della metà, con Macerata in cima alla classifica (383), seguita da Ancona, Ascoli Piceno, Fermo e Pesaro Urbino. Ma il rapporto prende in considerazione anche le imprese che operano in zone a rischio dissesto. Nelle Marche sono 6.419, di cui 2.328 a rischio elevato, nelle quali lavorano 9.383 addetti.

“Per proteggere il territorio marchigiano, i cittadini che vi vivono e il suo patrimonio culturale dobbiamo difendere il nostro patrimonio agricolo e la disponibilità di terra fertile dalla cementificazione nelle città e dall’abbandono nelle aree marginali – sottolinea Tommaso Di Sante, presidente di Coldiretti Marche. Alla situazione di dissesto idrogeologico non è certo estraneo il fatto che nelle Marche oltre 12 milioni di metri quadri di territorio all’anno vengono coperti con asfalto e cemento, edifici e capannoni, servizi e strade, con la conseguente perdita di aree aperte naturali o agricole capaci di assorbire l’acqua in eccesso.

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