Fermo da Giulio Cesare all’età imperiale

Continua l'affascinante viaggio storico proposto dal Prof. Pier Luigi Cavalieri sulle colonne del Corriere News. In questo numero di parla della Fermo Romana, da Giulio Cesare all'età imperiale.

Nel 49 a.C. Fermo fu occupata da Giulio Cesare nella sua marcia verso l’Urbe dopo il passaggio del Rubicone. Con il triumvirato di Antonio, Ottaviano e Lepido, fu imposta alla città una nuova deduzione, cioè la consegna di terre ai veterani della Quarta Legione di Antonio. Fermo riprese così il rango di colonia, sia pure con la qualifica di ornatissima e, secondo qualche epigrafe, Iulia. Nel 43 a.C. Ottaviano Augusto assunse il principato e con ciò ebbe inizio il periodo imperiale. La popolazione di Fermo deve essere notevolmente aumentata in seguito alla deduzione antonina e diverse fonti confermano il peso demografico e l’importanza della città in età augustea e per tutto il I secolo dopo Cristo. La città era ben collegata con Roma attraverso la Salaria Picena che correva lungo la costa e toccava la Salaria vera e propria a Truentum (a sud della foce del Tronto): inoltre una strada transvalliva la metteva in diretta comunicazione con gli importanti centri di Urbs Salvia (Urbisaglia), Septempeda (San Severino Marche) e Nuceria (Nocera Umbra) nonché con la diramazione interna della Via Flaminia. Nei primi due secoli dell’Impero le fonti menzionano anche Castellum Firmanorum (Castello dei Fermani), cioè il Porto di Fermo (situato presso il santuario di Santa Maria a Mare) un centro portuale che doveva essersi sviluppato alla foce dell’Ete (nel Piceno le foci dei fiumi, opportunamente canalizzate, fungevano da porti-rifugio) e doveva svolgere una funzione di servizio per la stessa Fermo, favorendone gli scambi commerciali. È in questo lungo periodo che si realizzano le grandi opere di età romana in parte visibili (le Cisterne, segmenti di mura) in parte riportate alla luce dagli scavi archeologici, come il tempio pagano di età antonina di cui sono state trovate tracce sotto il Duomo e il teatro, sul pendio settentrionale del colle Sàbulo.

L’aumento di popolazione seguito alla deduzione antonina rese necessario un ampliamento delle mura. Le mura romane erano costruite mediante grossi blocchi quadrati (opus quadratum) in calcare, arenaria o conglomerato, i quali provenivano per lo più dalle cave che si aprivano sotto Torre di Palme (attuale zona San Biagio). Gli archeologi hanno localizzato l’ampliamento di età imperiale soprattutto sul versante est della collina su cui sorge la città. Ne sono testimonianza i blocchi in opus quadratum visibili dietro alla zona absidale della chiesa di S. Francesco. Verso ovest invece l’ampliamento sarebbe stato modesto raggiungendo solo piazza San Zenone, davanti alla quale si apriva una delle tre porte urbane. Le altre due si trovavano rispettivamente nell’area oggi occupata dalla chiesa di S. Francesco e in prossimità dell’attuale “Torretta”. Dalla porta presso San Zenone si dipartiva la strada che conduceva alla attuale Faleriense e alle città sopra menzionate, mentre dalla porta presso la “Torretta” partiva la strada che collegava Fermo a Castellum Firmanorum, cioè al suo porto (il tracciato di questa arteria coincideva più o meno con l’attuale Via Pompeiana). Dalla porta che sorgeva nell’area di San Francesco nascevano due strade dirette verso est: la prima percorreva un tratto dell’attuale via Castiglionese per dirigersi poi verso il Monte Cacciù e la valle dell’Ete, la seconda doveva seguire l’attuale superstrada fino al bivio di S. Petronilla, per proseguire poi sul crinale della collina verso il mare.

Le Cisterne romane sono una delle opere di questo genere meglio conservate nell’Italia centrale. Formate da trenta sale sotterranee coperte a volta comunicanti tra di loro e distribuite su tre file coprendo una superficie di oltre 2.200 mq., esse raccoglievano le acque captate dalle viscere della collina e le distribuivano in città attraverso tubature. Le Cisterne costituivano anche un sostegno per il piano del forum, la piazza leggermente inclinata che si trovava poco più a est della piazza attuale.

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