In vent'anni dimezzato il lavoro sulle montagne marchigiane

MARCHE - Nel giro di vent’anni le giornate di lavoro in agricoltura nelle montagne marchigiane si sono più che dimezzate, passando da 1,54 milioni a 670 mila, con un crollo che ha costretto 6.670 aziende agricole a chiudere i battenti, togliendo un’opportunità di reddito vitale a dipendenti e familiari che lavoravano all’interno delle imprese nelle aree montane.

E’ quanto emerge da un’analisi di Coldiretti su dati Istat secondo più quasi sei agricoltori su dieci (58%) hanno abbandonato l’attività, determinando la scomparsa di oltre 56 mila ettari di superficie agricola, con il territorio esposto al rischio dissesto e presto “riconquistato” dai boschi, che sono arrivati a coprire un terzo del territorio marchigiano.

Un trend causato dal mancato riconoscimento culturale, sociale ed economico di chi vive e lavora a difesa del paesaggio e dell’ambiente, nell’interesse dell’intera collettività, che ha portato la superficie forestale a crescere ancora attestandosi nel 2015 a quota 311 mila ettari su 937 mila totali, con una densità che crea i presupposti per incendi e dissesto idrogeologico.

Nonostante ciò si importa dall’estero più dell'80% del legno necessario ad alimentare l’industria del mobile, della carta o del riscaldamento, mentre il potenziale economico delle nostre foreste rimane ancora inespresso, al punto che nel 2015 la produzione di legna è crollata sotto i 90 mila metri cubi (dieci anni fa “viaggiava” sui 160 mila metri cubi).

Una soluzione in tal senso potrebbe venire dalla costituzione di consorzi forestali per la produzione di legna e di carbone, oltre che per iniziative turistiche, con la valorizzazione delle risorse della montagna per creare occupazione in loco e frenare lo spopolamento di quelle aree. Un obiettivo che secondo la Coldiretti va raggiunto anche con l’approvazione del nuovo testo forestale per la semplificazione della gestione attiva dei boschi, dando più valore al ruolo degli imprenditori agricoli per la qualità dell’aria e riconoscimento dei crediti di carbonio, con lo sviluppo della filiera 100% italiana attraverso i Piani di sviluppo rurale e con l’incentivazione dell’utilizzo di legno prodotto in Italia negli appalti pubblici.

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