La crisi non molla, manifatturiero ancora in difficoltà

FERMANO - Tra i primi di settembre e i primi di ottobre, in un mese, si sono giocati buona parte delle commesse del prossimo anno. Lo sanno bene gli imprenditori del calzaturiero che il buon esito di Micam e Obuv – le più importanti fiere di settore – sono determinanti per il loro futuro lavorativo. Un futuro che, stando all’esito delle suddette fiere, non sembra roseo. “Il trend, ormai da diversi anni, è negativo”, dice il presidente della Cna di Fermo Paolo Silenzi. “Le imprese vivono una situazione di stallo che non permette loro di riconquistare quote di mercato e commesse. E’ tutto il sistema fiera, intesa come punto d’incontro tra domanda e offerta, ad essere ormai sottotono. Se fino a qualche anno fa il 70% del fatturato arrivava dalle fiere e solo il 30% dalla rete commerciale, oggi accade il contrario”.

Che cosa non funziona più del sistema fiera? “La digitalizzazione ha fatto la differenza. Fin quando non esistevano tutti i mezzi di cui disponiamo oggi, i buyers erano più propensi a percorrere anche lunghe distanze per vedere di persona le novità e avere sottomano qualcosa di esclusivo e non alla portata di tutti. Oggi non è più così: stiamo andando verso una sempre maggiore digitalizzazione. Il web svolge un ruolo fondamentale nelle ricerche di mercato. I clienti viaggiano meno e, quando lo fanno, vanno alla ricerca di quei prodotti che hanno visto attraverso le piattaforme digitali”.

Essere presenti e rintracciabili sul web però non basta. “Bisogna fare i conti con le congiunture economiche negative che il mercato riserva in certi periodi. Per il settore calzaturiero, il mercato russo è stato per molto tempo trainante. La svalutazione del rublo, dovuta alle sanzioni che l’Europa impone alla Russia, sta determinando uno stallo. Nel frattempo, mercanti emergenti come la Turchia stanno approfittando di questa situazione. I buyers russi vanno alla ricerca di prodotti più appetibili e la manifattura turca prolifera”.

L’economia locale è fatta quasi esclusivamente di aziende piccole e piccolissime. Riusciranno a sopravvivere? “Il 95% delle partite Iva del Paese hanno meno di dieci lavoratori. Quella del Fermano è perciò una situazione molto simile a quella del resto d’Italia e il comportato manifatturiero vive le stesse difficoltà di tutti gli altri. Per questo, per migliorare le cose è necessaria una manovra che parta dal Governo centrale. Che l’economia italiana sia in una fase di deterioramento lo si vede anche dal fatto che in questi giorni si stanno rivedendo al ribasso tutte le stime sul Pil, il Prodotto interno lordo”.

Come dovrebbe intervenire il Governo? “Dovrebbe sostenere e supportare le imprese nel processo di internazionalizzazione. Da parte loro, le imprese dovranno essere pronte e in grado di viaggiare sulle reti digitali. Il Governo dovrà aiutare le imprese a far conoscere e promuovere, con politiche giuste e mirate, i loro prodotti all’estero. Per fare questo non servono defiscalizzazione e sussidi, ma un supporto concreto. Lo Stato deve rendere le imprese competitive per lo meno nei confronti degli altri distretti manifatturieri d’Europa. Se in Italia il costo del lavoro è doppio rispetto a quello di altri Paesi europei, è ovvio che i clienti che decideranno di investire in commesse lo faranno nei mercati più convenienti. Il costo del lavoro in Europa deve essere uguale in tutti i Paesi. Solo così si potrà sviluppare una sana competitività e non una concorrenza sleale”.


Francesca Pasquali

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