Pierluigi Savini: un Artista scomodo per scelta

Continuiamo la nostra galleria dei personaggi eccellenti del territorio, per lo più volutamente e colpevolmente misconosciuti. Questa volta tocca allo schivo (per non dire scorbutico) Pierluigi Savini: pittore? Anche, ma dati i suoi infiniti modi e mondi di esplorazione, meglio definirlo Artista: l'artista più rappresentativo di Fermo, con buona pace di chi si crede meglio di lui.
Per capirci: è quello che, secondo una sbrigativa cronista locale, ha esposto un "lenzuolo" alla collettiva natalizia del Mercato Coperto. Ecco, sono queste le cose che fanno in...dignare il Savini: "Ma, santodìo, se non sai perché prima di scrivere non ti informi?". Perché quella che Savini ha
generosamente esposto è la "creatura-creazione" cui tiene di più: il Dodecaedro, struttura lignea di considerevoli dimensioni attraversata simbolicamente da un drappo-scultura ricoperto d'oro o, meglio, d'orone, perché Savini, da vero artista restìo alla mercificazione, è povero.
Ma cosa pretende il Savini? Almeno che si sappia qualche principio di geometria, se non di filosofia. Bastava Wikipedia: "Il dodecaedro regolare è un poliedro con dodici facce a forma di pentagoni regolari che si incontrano in ogni vertice a gruppi di tre. E' uno dei cinque solidi platonici ed è stato oggetto di studio dei filosofi fin dall'antichità. Platone associò ad ognuno dei 5 solidi da lui studiati un elemento: al dodecaedro fu assegnata l'"etere" o "quintessenza" che componeva i corpi celesti e l'anima. Secondo il filosofo, il cosmo aveva la forma del dodecaedro". Capito cos'è 'sto "lenzuolo"? Lo sapevano bene anche nel Rinascimento (vedi Piero della Francesca, Luca Pacioli, Keplero) e perfino Salvador Dalí, nell'Ultima Cena, ambienta la scena all'interno di un dodecaedro. A proposito, per la cronista locale diremo che Dalì è quello degli orologi "mosci", Picasso quello delle vacche agonizzanti e De Chirico quello dei manichini. Ma torniamo al M° Savini: scopre il sacro fuoco dell'arte al primo anno della Scuola d'Arte fondata dal grande Ugo Preziotti. Poi, Accademia a Firenze e studi e frequentazioni artistiche e culturali a Milano.
E nel lontano 1970 ha cominciato il suo percorso: in due stanzine in affitto sopra i tetti di Fermo. Lì è iniziata una ricerca che non si è mai fermata, perché solo i presuntuosi a un certo punto credono di essere arrivati. E nelle due stanzine cominciò un via vai di gente, giovani soprattutto, che "ricercava" come lui: nell'arte, nella cultura, nel teatro, nella politica. Erano gli anni delle contestazioni e dei rivolgimenti politici e culturali, anni tremendi: e lì, nelle stanzine, si è cominciato a cercare di dargli un senso e un linguaggio. Insieme. E in quell'insieme c'erano personaggi che Personaggi sarebbero diventati e che lo sono tutt'oggi. Ancora oggi tenuti ai margini. Vedi quel Luigi Maria Musati di cui abbiamo già parlato, vedi Sandro Del Zozzo. Un sodalizio per allargare alla città imbalsamata un altro concetto di cultura e di arte: ad esempio, Savini preparava delle mostre che servivano da contenitore al lavoro teatrale di Musati.
E la città per lo più ha risposto come un muro di gomma: fatto di certa gente, di certi "signori" della cultura e della politica cui dava fastidio il fatto che Savini e i suoi stravolgevano il senso della storia e del fare cultura, in contrapposizione alla putrefatta cultura borghese. Far riflettere e pensare, soprattutto i giovani: era, ed è, un fatto grave, che non si può né permettere né perdonare. Comunque sia, si va avanti: prima una mostra/spettacolo su Jacobello del Fiore, targata Savini/Musati. Un lavoro incentrato sulla "persona" Jacobello, con i contorni storici dell'epoca: piuttosto agitati, pieni di antipapi, con l'Italia percorsa da lotte intestine. Un'operazione rivoluzionaria. E fu una bomba, difficile da digerire. Perché, dice Savini con la consueta diplomazia, i politici di allora erano dei vecchi babbioni duri da schiodare da certe sedimentazioni pseudoculturali e la gente era disorientata, anche se subiva il fascino della novità. Ma avanti, senza esitazioni: la Riforma, un lavoro su Lutero con una mostra a Berlino; Kafka, per il centenario della nascita; la famosa Apocalisse, realizzata grazie all'aiuto della Curia, dopo due anni di bla bla e di incazzature coi politici di allora.
L'ultima grande mostra nel '97, alla Mole Vanvitelliana di Ancona: sul Sepher Yetzirà, un libriccino che tratta della creazione del mondo secondo la mistica ebraica. Insomma, cos'è che ha impedito a Savini di uscire dalla penombra? Scelta o difficoltà di comunicazione? Chi lo conosce, non ha dubbi: la seconda che hai detto, perché Savini non è un fiore di tattica e strategia. Lui non ama la pubblicità, perché l'arte non ne ha bisogno; odia il mercato, che rovina l'arte e l'artista. Eppoi, i politici: "Non li sopporto, perché hanno l'arroganza del potere e pretendono che tutto debba essere dosato e fatto secondo il loro punto di vista. E io non sono un ruffiano. Ho sempre fatto quello che io ho voluto, ho trattato i temi scelti da me e dai miei amici". Libertà o pessimismo, se non addirittura disperazione e rabbia? Macché, solo granitica convinzione: "Nel lontano '68, prima di tornare da Firenze, ho fatto le mie scelte politiche e culturali. Soprattutto, quella di non frequentare il mercato e le gallerie, perché avevo capito che i galleristi, specie quelli nostrani, non capiscono niente di arte, guardano solo la firma, come per comprare un vestito".

Vallo a smuovere. Ma coerente è coerente: siccome anche gli artisti mangiano, ha preferito sopravvivere con una vita da precario nell'insegnamento. Ma un sogno per il quale potrebbe scendere a compromessi ce l'ha pure lui: la realizzazione in bronzo del famoso "lenzuolo", ovvero il Dodecaedro, per porlo al centro di una rotonda all'ingresso della città. Il nuovo assessore Trasatti è propenso, il problema sono come al solito i soldi: AAA - Urgono sponsor. Intanto, porta avanti con passione da 12 anni le "Conversazioni sull'Arte", una serie di incontri settimanali in cui tratta anche argomenti più... pericolosi: massoneria, mondo ebraico, cabala... Ah, ma allora, caro Savini, te le cerchi! Per chiudere: potendo, cambieresti qualcosa della tua vita? "Rifarei le stesse cose. Certo, forse alcune opportunità giuste non me le farei scappare, ma tutto quello che ho fatto mi ha fatto crescere. Qualcuno riderà di questo, ma a me non importa di quello che pensa la gente". E come ti sbagli? Domanda retorica, risposta scontata. Ma lui è fatto così, per questo gli vogliamo bene. A ogni buon conto, io un Savini ce l'ho: hai visto mai che, postumo...?


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