In sicurezza. “Mala tempora currunt” dicevano i latini. Viaggio nella sicurezza e nelle insicurezze del nostro territorio

INSICURA SICUREZZA

Si fa un gran parlare in questo periodo di “sicurezza”. È il segno dei tempi di una civiltà, la nostra, che invecchia inesorabilmente: molti gli anziani, molte le paure, perché proprio nei loro confronti è in grande aumento il numero dei reati che vengono commessi. Perché le persone vecchie e sole sono un bersaglio facile e indifeso per i piccoli criminali di mezza tacca, in aumento esponenziale anche loro. Nei momenti di crisi, con tagli di bilancio sempre maggiori e scriteriati che sembrano fatti solo per continuare a garantire il “piatto” pieno ai soliti noti che ci si abbuffano, lo Stato fa (o sembra che faccia) quel che può: le forze dell’ordine sono insufficienti a garantire una sicurezza a tutto tondo? Allora incrementiamole, verrebbe da dire. E invece no: tagli anche lì. Ma se anche fossero sufficienti, siamo sicuri che questo basterebbe?

Quello che la parola “sicurezza” definisce, in realtà è un problema globale, smisurato e difficile da risolvere: a poco valgono i regolamenti e le leggi e quant’altro serva a stabilire modi e regole di condotte sicure, se alla base non esiste una scelta sana fondata su principi morali ed etici che vengono dal vissuto di ognuno dei suoi componenti. Il comportamento dei cittadini è etico quando di fronte alle avversità e alle possibili cause di paura reagiscono in maniera ferma e decisa, nel rispetto delle leggi e delle elementari regole di umanità. In un mondo sconvolto dalla globalizzazione, il problema della sicurezza di chi vive una vita non dico faraonica, ma almeno non priva degli elementi che garantiscono una sussistenza dignitosa, è veramente grande.

È nella natura degli esseri umani, che in fondo sono dei mammiferi in tutto e per tutto, cercare di appropriarsi di quello che non possiedono al fine di raggiungere un benessere superiore. E i “mammiferi” di cui parliamo sono sempre gli stessi che già i Romani avevano così ben definito: “Homo homini lupus”. Non c’è niente da fare: viviamo assediati dai lupi. A mitigare questo stato di cose ci pensano (o dovrebbero farlo) l’etica, la filosofia, la sociologia, la politica sana. Nonché, naturalmente, il buon senso e la ragione. Tutte cose (specie la politica sana) che sono andate scemando, insieme alle speranze di chi ancora si batte per professarle ogni giorno con coerenza. E così abbiamo bisogno di capri espiatori: è facile, è comodo e mette a tacere le coscienze di tutti.

Perciò se è giusto indignarsi di fronte a soprusi, truffe e violenze, soprattutto se perpetrati nei confronti dei più deboli ed indifesi (vedi gli anziani di cui sopra), non lo è altrettanto fare di ogni erba un fascio spolmonandosi a strillare: “Dalli agli immigrati clandestini!”, visti come i nuovi “untori” di manzoniana memoria. Il fatto è che la criminalità non ha nazionalità né colore. E che molta della responsabilità ce l’hanno coloro che lasciano lievitare i problemi ad arte o per interesse o incapacità. E anche qui i Latini, grandi giuristi, avevano le idee chiare: “Est modus in rebus”, cioè, in parole povere, tutto dipende dal modo in cui si affrontano i problemi. E se questo vale per le reazioni della gente di fronte a fatti veramente inquietanti, quello che più fa pensare è come siamo arrivati a questo stato di cose.

Quasi senza accorgercene, è totalmente cambiata una civiltà che era conscia di quello che è e di quello che è stata: con uno Stato sicuro e giusto nel suo agire, e quindi con cittadini sicuri in ogni loro ambito di azione. E di reazione: c’era un modo giusto di reagire di fronte alle ingiustizie che, nel caso di reati contro il patrimonio e la persona, sono le più odiose che il codice penale contempli. Ma in un mondo di incertezze che partono dalle piccole cose, è difficile capire anche quando e come reagire: si rischia di passare dalla parte del torto ed essere perseguiti anche nel caso in cui ci si difenda. E questo è paradossale: non si sa più in pratica se e come farlo, non c’è più quel buon senso (come dice il Diritto) del “buon padre di famiglia”. Quando si diventa insicuri? Quando si cominciano a sostituire delle certezze scolpite nella pietra con altre non appartenenti alla nostra cultura e al nostro sano istinto naturale.

Facciamo un esempio banale: a Natale la nostra civiltà festeggiava con i presepi. Poi, a causa di una “colonizzazione” culturale (ben precedente alle beghe con l’immigrazione islamica), al presepio lentamente si è sostituito quasi esclusivamente l’albero di Natale. Stessa musica per Babbo Natale: sparito Gesù Bambino. Sembra una stupidaggine, ma se un simbolo che vale per tutti (bambini, anziani, uomini, donne) viene sostituito da un altro “alieno”, la società paradossalmente ne risente. E ne risente con uno sbandamento, una mancanza di certezze, una sorta di ipnosi che porta tutti a non sapere che fare. Che c’entra tutto ciò con la “sicurezza”? Non è certo colpa di Babbo Natale se è venuta a mancare.

Eppure c’entra: è cambiata la nostra coscienza, la nostra civiltà, fatta anche di piccole, insignificanti cose, ma che alla lunga producono conseguenze imponenti. E’ come la storia del battito d’ali della farfalla che crea un uragano dall’altra parte del mondo. Nella vita, tutto quello che sembra complicato in realtà parte sempre da cose semplici. E quindi se tante leggi legiferano su un argomento, il risultato sarà confusione; se una spiegazione è troppo complessa per la paura di non essere precisi, non spiegherà assolutamente niente. Allo stesso modo, se a un cittadino gli si dice che a garantire la sua sicurezza deve pensare lo Stato, poi bisogna che lo Stato lo faccia. Altrimenti o non saprà che fare o provvederà da solo: con cavoli amari per tutti.


Daniele Maiani



IL FERMANO? UN TERRITORIO SANO. INTERVISTA ALCAPITANO DEI CARABINIERI DI FERMO ROLAND PELUSO

Nonostante i titoloni dei giornali e i fiumi di commenti sui social network, il Fermano è e resta un territorio tranquillo. A dirlo è il capitano Roland Peluso, comandante della Compagnia dei Carabinieri di Fermo. “Questo è un territorio molto sano – dice – e, come in tutte le realtà dove non è quasi mai successo niente, è normale che un piccolo fatto abbia una grande eco. Ci sono, ci sono stati e ci saranno altri casi, ma parliamo di numeri molto bassi, assolutamente non preoccupanti”.

Possiamo dormire sonni tranquilli, quindi? “La conformazione geografica del territorio ci aiuta: i ladri prediligono zone con vie di fuga facili e veloci. Qui siamo ben organizzati: in caso di gravi reati è previsto il blocco totale della circolazione stradale, per reati meno importanti scattano i controlli. Questo ci consente di bloccare le vie di fuga. Non dobbiamo dimenticare che nel 99% dei casi i malviventi arrivano da fuori. Pur non essendo professionisti, sono ben organizzati; trovano una struttura dove alloggiare e studiano velocemente l'obiettivo, alla ricerca di denaro, oro e materiale elettronico. Le risorse umane e tecnologiche di cui disponiamo, però, ci permettono di risolvere quasi tutti i casi”.

Occhi umani e occhi digitali, un mix perfetto? “Le telecamere elettroniche sono fondamentali, soprattutto oggi che la tecnologia ha fatto passi da gigante, consentendo l'autorilevamento delle targhe, dei volto e degli oggetti abbandonati”.

Nonostante questi ausili elettronici, è ancora la divisa a dare sicurezza. “La nostra presenza sul territorio è importantissima, come lo è il rapporto tra forze di polizia e cittadini e tra cittadini e cittadini. Oggi purtroppo si sono persi i rapporti di buon vicinato, fondamentali per la sicurezza reciproca. Nei paesi anglosassoni si sta facendo strada il cosiddetto controllo di vicinato: gli abitanti di un condominio o di un quartiere comunicano a un loro referente situazioni anomale a cui assistono; questo, a sua volta, lo comunica alle forze di polizia, filtrando le segnalazioni. E' un metodo di cui si comincia a parlare anche in Italia e che sostituisce le telecamere elettroniche. In fondo due occhi umani sono meglio di una telecamera”.

Nel conto dei reati quanto pesano quelli non denunciati? “Nel Fermano il cosiddetto numero fantasma è pressoché zero. Quasi tutte le persone che subiscono un reato lo denunciano, vuoi per fiducia verso le istituzioni, vuoi per necessità se hanno un'assicurazione, vuoi perché il senso di appartenenza allo Stato induce a compiere questo gesto, che è importante non solo per un discorso statistico, ma anche perché ci consente di capire dov'è più necessaria la nostra presenza”.


Francesca Pasquali




QUELLO CHE I NUMERI NON POSSONO DIRE. LA SICUREZZA VISTA DAGLI AMMINISTRATORI DI PORTO SANT'ELPIDIO E FERMO

Da Porto Sant'Elpidio a Fermo, da Carlo Vallesi a Mauro Torresi: due posizioni simili ma non esattamente coincidenti. Due interviste che fotografano la visione e la strategia di amministratori e forze di Polizia Locale.


PORTO SANT'ELPIDIO

Assessore Vallesi, che condizione sta vivendo la vostra città? “Bisogna fare un distinguo tra quella che è la percezione che hanno i cittadini e quelli che sono i dati reali, basati sulle denunce, che pur essendo freddi hanno una loro valenza. Al nostro sindaco, in sede di Comitato per l'Ordine e la Sicurezza pubblica presso la Prefettura, è stato riferito che i reati nel 2015 sono diminuiti rispetto al 2014. Sempre secondo i dati forniti dalla Prefettura, qui da noi è stato registrato un piccolo aumento nel gennaio 2016 rispetto al gennaio 2015, ma parliamo di una base mensile”.

Al centro della vostra azione c'è anche il contrasto alla prostituzione. “Noi abbiamo modificato un articolo del regolamento di Polizia Urbana, nel quale si proibisce l'esercizio della prostituzione, quindi la contrattazione di prestazioni sessuali in alcune zone della città. Sono stati fatti 6 ricorsi da persone sanzionate, ricorsi che sono stati bocciati dalle autorità competenti. Quindi, per adesso, la modifica al regolamento sta dando risultati importanti: dal marzo 2014 al dicembre 2015, infatti, sono stati più di 1.100 i verbali, elevati non soltanto dalla nostra Polizia Locale. Parliamo di oltre 2 verbali al giorno, e non è sicuramente poca cosa”.

E che ruolo hanno i Vigili in un sistema così complesso? “Fanno un lavoro più che paragonabile a quello delle altre Forze dell'Ordine. In tante serate hanno fatto servizi congiunti con Carabinieri e Polizia, in base ad un protocollo siglato in Prefettura. Come servizi serali della Polizia Locale, il nostro Comune è il primo della Provincia e tra i primi a livello regionale in base al numero di abitanti. Nel 2015 abbiamo effettuato 135 servizi notturni, di cui 29 del servizio interforze con presenza di un auto della Polizia Locale, una dei Carabinieri ed una della Polizia Stradale; proseguendo con i nostri numeri, sono state 118 le pattuglie schierate, 95 le pattuglie con inizio del servizio alle 5.30 del mattino, 49 i servizi di controllo su conferimento e smaltimento dei rifiuti”.


FERMO

L'analisi dell'Assessore fermano Torresi è, per sua stessa ammissione, controcorrente. “C'è stato un summit in Prefettura dal quale sono emersi dati che sembrano evidenziare una generale diminuzione dei reati. Io ho detto che, dal mio punto di vista, c'è invece un aumento della microcriminalità, che non emerge semplicemente perché la gente non denuncia determinati fatti”.

E perché si denuncia meno? “Non per sfiducia nelle Forze dell'Ordine, che svolgono un importante lavoro, ma per sfiducia in un sistema all'interno del quale chi commette determinati reati dopo pochissimo è di nuovo libero di delinquere. Mi è stato risposto che questa tendenza a non denunciare c'è sempre stata e che i dati confermano questo calo dei reati. Secondo ciò che sento ogni giorno parlando con la gente, invece, sono in aumento, come la stessa percezione d'insicurezza. E la situazione economica non aiuta di certo”.

Qual è il modus operandi della vostra Polizia Locale? “Stiamo cercando di mettere più videocamere e faremo sicuramente un investimento importante, non potendo incrementare le unità in servizio, anzi, dovendo far fronte a pensionamenti e altre problematiche. Nonostante questo, continuiamo a mantenere i servizi nel nostro territorio, garantendo la stessa qualità”.

Su Lido Tre Archi i riflettori si accendono ad intermittenza. Ma qual è la situazione del quartiere? “Ho trovato una situazione di relativa tranquillità, senza grossi problemi. Abbiamo una consigliere comunale, Silvia De Santis, che è sempre presente e dall'incontro con i commercianti dello scorso 26 febbraio è emerso un apprezzamento per il nostro operato. Da parte nostra, ci siamo impegnati a tenere viva quell'area della città, non solo attraverso un miglioramento delle luci, un'azione più efficace sul decoro urbano ed una maggiore presenza dei Vigili, che già c'è insieme alle altre Forze dell'Ordine, ma anche con una serie di iniziative culturali e di manifestazioni che diano un segnale importante. Perché Lido Tre Archi tutto è meno che una zona da ghettizzare”.


Andrea Braconi




OCCHI VIGILI SUL FERMANO. MOLTI COMUNI INVESTONO SULLA VIDEOSORVEGLIANZA

C'è chi, alzando lo sguardo, si sente osservato e chi, invece, si sente più tranquillo: da qualche anno gli occhi vigili delle telecamere di sicurezza fanno sempre più parte della nostra vita. Chi può permettersele, se le mette anche in casa. Fuori, i Comuni acquistano e piazzano telecamere nei punti strategici e sensibili dei loro territori. I risultati arrivano: i nastri registrati permettono, a volte, di individuare gli artefici di qualche misfatto. Le ultime sul mercato consentono addirittura di riconoscere il volto di una persona anche se coperto da un passamontagna o altro, ma si tratta di strumenti molto costosi e perciò fuori budget per la maggior parte degli enti locali.

Nel Fermano, in base alle risorse a disposizione, sono molti i Comuni che hanno deciso di investire sulle telecamere. In poco più di un anno, il Comune di Montegranaro si è dotato di un sistema di videosorveglianza composto da 30 videocamere. Di queste, 20 sono state acquistate dal Comune e 10 donate dai privati. “Si tratta di uno strumento di fondamentale importanza – spiega l'assessore alla Polizia Municipale Endrio Ubaldi – come testimoniato dalle oltre 40 richieste da parte dei Carabinieri di accesso ad immagini di aree soggette a recenti furti. Pensiamo che zone come Viale Zaccagni, Campo dei Tigli e Viale Gramsci sono quasi totalmente coperte e che, nonostante questa presenza, il nostro obiettivo è quello di implementare nei prossimi mesi il sistema dalle 6 alle 10 unità in tutta l'area cittadina”.

Se a Montegranaro prevale la sinergia tra pubblico e privato e la dislocazione delle telecamere è stata predisposta dalla Polizia Municipale, diverso è il caso di Servigliano, dove ad aver proposto l'installazione di 42 nuove telecamere è stata la ditta che si occuperà della gestione delle isole ecologiche automatizzate. “Tra le varie migliorie – spiega il consigliere comunale Stefano Pompozzi – l'azienda aggiudicataria ha offerto un potenziamento ulteriore all'impianto di videosorveglianza che è già previsto per ogni isola, il tutto a costo zero per il Comune”. Le isole ecologiche saranno installate in primavera; ognuna sarà attrezzata con tre telecamere, a cui se ne aggiungeranno altre due supplementari per la sorveglianza del territorio, una volta ottenuto il nulla osta per il rispetto della privacy.

Ancora diversa la situazione a Porto Sant'Elpidio, con un territorio vasto e difficile da controllare. Di recente è stata approvata una delibera che mette in cantiere circa 82 mila euro per l'implementazione, entro l'anno, del sistema di videosorveglianza. Nel dettaglio, è previsto il ripristino e il miglioramento di tre telecamere nella zona industriale nord, posizionate presso la rotonda dell'Auchan, in via Mar Baltico e via Mar Egeo; l'acquisto di due telecamere “speed dome” (orientabili da remoto) da posizionare sulla Torre dell'Orologio; la sostituzione delle tre telecamere presenti all'ingresso del Comune con tre telecamere “anti vandalo”; l'acquisto di tre telecamere di ultima generazione che saranno posizionate presso la rotonda tra la Statale 16 e la bretella autostradale. Inoltre, per via Legnano è previsto l'acquisto di due telecamere che saranno rivolte all'ingresso della scuola media e di una, all'incrocio con via Cuneo, che guarderà verso la pineta e la scuola superiore.

Sarà ripristinata la telecamera sulla Statale nord in corrispondenza con la Provinciale. Una telecamera “speed dome” sarà posizionata all'ex Orfeo Serafini e una, sempre di tipo “speed dome” all'ingresso del comando della Polizia Municipale. “Investiamo sulla videosorveglianza – spiega l'assessore alla Sicurezza Carlo Vallesi – perché riteniamo che sia uno strumento utile per le indagini condotte dalle forze dell'ordine, oltre ad avere un importante effetto deterrente sui male intenzionati”.



A PORTO SANT'ELPIDIO CONTRIBUTI PER LA SICUREZZA PRIVATA

Il Comune di Porto Sant'Elpidio ha messo a bilancio un fondo di 5.000 euro per i contributi ai consorzi per la sicurezza urbana. Il fondo è rivolto ad aziende e commercianti che, in gruppi di almeno 5 attività, stipuleranno un contratto con un'agenzia di vigilanza privata. La domanda dovrà essere presentata dall'attività capofila di questo consorzio non formale (non c'è quindi necessità di registrazione formale), con la lista delle attività consorziate e il contratto stipulato con l'agenzia privata di sicurezza. Al consorzio verrà riconosciuto un contributo una tantum di 500 euro. Le graduatorie saranno stilate sulla sola base della data di presentazione della domanda di contributo e fino ad esaurimento del fondo.

“L'unione tra noi è fondamentale in questo momento”, dice il sindaco Nazareno Franchellucci. “Per questo il Comune di Porto Sant'Elpidio, davanti ai continui episodi che si stanno ripetendo anche nella nostra città, visto il costante impegno dei Carabinieri, delle forze di Polizia e della Polizia Municipale, sente il dovere di giocare una nuova carta per aumentare la lotta alla criminalità. E lo da aderendo al progetto 'Città sicura', proposto di recente dalle associazioni di categoria e decidendo di incentivare i consorzi di sicurezza privata. L'obiettivo è il sostegno diretto all'aumento del controllo cittadino, ma soprattutto alla collaborazione tra aziende e attività commerciali vicine”.



SCRITTE E DANNI, GLI ATTI VANDALI NEL FERMANO. LO PSICOLOGO: "COLPA DI UNA CATTIVA GESTIONE DELLA RABBIA"


“Lasciate respirare l'arte!”, è il grido (scritto) che si leva da una scalinata tra due luoghi di Montegiorgio – l'ex chiesa di San Francesco e l'ex palazzo comunale in via Roma – che sono essi stessi arte, così come i loro interni. La frase accoglie chi scende la scale tra i due edifici, insieme ad altre, tra le quali campeggiano dichiarazioni d'amore e offese. Più in là qualcuno ha tentato di deturpare l'ingresso dell'ex chiesa di San Francesco con una bomboletta spray nera terminata, fortunatamente, al momento giusto.

Per uno strano gioco delle parti, lo scenario sembra sì mostrare un'arte soffocata, ma al contrario. Chi chiede di farla respirare, ne è lui stesso carnefice. Montegiorgio come Fermo, dove, a febbraio, ignoti hanno danneggiato la balaustra del Belvedere al Girfalco e divelto una storica panchina in pietra. La telecamera più vicina non è riuscita a inquadrare quei precisi punti. Di conseguenza, ciò renderà “opportuno dotare anche la zona dei giochi per bambini di un'adeguata strumentazione”, afferma il comandante della Polizia Municipale Antonio Dell'Arciprete.

E, tanto per non smentirsi, di recente i vandali se la sono presa anche con il portone del Duomo, ingresso della residenza del vicario generale. Non solo i beni culturali vengono presi di mira: la storia recente ci racconta, a Fermo, di un'Anna Frank definita “cantastorie” sul muro della palestra di via Leti, con tanto di svastica (disegnata al contrario…). La cosa non ha lasciato indifferente il sindaco Paolo Calcinaro che ha voluto far apporre una targa sul luogo con una scritta eloquente: “Tra noi Fermani si nascondono pochi 'idioti'”.

Ma cos'è che spinge l'individuo a distruggere o deturpare? Noia, rabbia? “Più che la noia, la molla che può far scattare comportamenti devianti è la cattiva gestione della rabbia e una scarsa consapevolezza emotiva”, afferma Marco Brandi, psicologo clinico con una specializzazione in Psicologia giuridica.

Esistono delle fasce d'età, delle categorie considerate più a rischio? “Coloro che di solito risultano maggiormente coinvolti sono adolescenti provenienti da situazioni educativo-familiari difficili. Sono ragazzi che quasi mai possono essere etichettati come devianti, ma che non sono riusciti a interiorizzare un corretto senso della giustizia e abilità sociali capaci di proteggerli.

Il contesto familiare è la chiave per capire il fenomeno: che si voglia chiamare vandalismo o che si trovi un nome agli artefici degli atti violenti (si veda il fenomeno delle baby-gang di Milano): è all'interno della famiglia che si apprendono le abilità sociali e si plasma la personalità. Ragazzi o ragazze provenienti da situazioni familiari emotivamente difficili (da una più comune separazione, fino a vissuti di violenza conseguenti a uso di alcool o droghe) sono sicuramente meno protetti rispetto ad eventi di questo tipo. Se poi c'è una predisposizione alla devianza, il vissuto emotivo trova terreno fertile per il passaggio all'atto”.

Cosa pensa di casi come quello di Sant'Elpidio a Mare, dove all'inizio dell'anno, tre ex studenti di una scuola media hanno svuotatogli estintori e tentato di rompere una chitarra? Uno di loro ha chiesto ai Carabinieri di mettere a verbale il fatto che volesse “imitare Kurt Cobain”. “L'episodio di Sant'Elpidio a Mare dà una un'idea della concezione di giustizia che alcuni giovani hanno. Dal 1978, anno in cui i provvedimenti disciplinari penali a carico di minorenni sono stati ben 25.607, le azioni legali sono notevolmente diminuite. La percezione del giusto o sbagliato si è modificata nel tempo, rafforzata anche dalla teoria dell'alibi, per la quale i comportamenti non consoni dei figli sono 'coperti' e giustificati da genitori ignari del rischio di non esporre i figli a responsabilità e presa di decisioni”.

Come agire quindi? “Il cambiamento radicale nel modo di comunicare all'interno delle famiglie e delle istituzioni, così come nelle agenzie educative come la scuola, ha prodotto una capacità minore dei giovani di far fronte ai loro bisogni e di gestire le emozioni in maniera autonoma. È importante formarsi su questi argomenti ed essere pronti quando i nostri giovani ci chiedono aiuto, nonostante le modalità non siano sempre quelle giuste. Fare esperienza ed ascoltare le testimonianze dei ragazzi che a causa del loro comportamento sono impegnati in percorsi in comunità educative a seguito di provvedimenti di natura penale, potrebbe stimolare i loro coetanei a capire che determinate azioni hanno anche delle conseguenze”.


Silvia Ilari




IL (REALE) PESO DELLE PAROLE. UNO SPORTELLO ANTIDISCRIMINAZIONE, TRA BANDI PUBBLICI E GIORNALI LOCALI

Dentro un'inchiesta su un tema delicato come quello della sicurezza, non può, anzi, non deve mancare una riflessione sul ruolo cruciale che gioca la nostra categoria. Perché la percezione del cittadino, come abbiamo già letto, si muove spesso su di un binario differente da quello delle statistiche, generando una vera e propria dilatazione del fenomeno. Ed al centro di questo meccanismo ci siamo noi, con i nostri articoli e, soprattutto, con i nostri titoli ad effetto.

Per analizzare l'influenza dei media, l'Associazione Interculturale Onlus Tandem, insieme all'Ombudsman delle Marche (www.ombudsman.marche.it) e all'Università di Urbino, ha attivato uno sportello antidiscriminazione che sviluppa quotidianamente un monitoraggio sui bandi pubblici e sui giornali locali. “Nel primo caso - spiega Klementina Crimci di Tandem - la nuova normativa prevede che i bandi debbano essere aperti anche a cittadini extracomunicati. Noi verifichiamo se ci sia il rispetto di questi criteri e, in caso contrario, facciamo segnalazioni.

Per quanto riguarda il Fermano, sono state diverse le segnalazioni inoltrate, con l'Ombudsman che ha contattato gli Enti responsabili invitandoli a rifare gli stessi bandi”. Uno sportello che diventa, quindi, una sorta di antenna. “Dei giornali e dei siti web andiamo a guardare il linguaggio che usano - prosegue - e anche qui sono state diverse le segnalazioni, che abbiano inoltrato direttamente all'Obudsman il quale si è attivato richiamandoli ai principi della Carta di Roma”.

E' quel “sembra sia straniero” il passaggio più ricorrente in articoli inerenti fatti legati alla sicurezza pubblica. “C'è l'attitudine a gettare una luce distorta sugli stranieri, senza averne la certezza e un riscontro oggettivo. E nel momento in cui si viene a scoprire che non è uno straniero il responsabile di un determinato reato non viene fatta piena chiarezza, si lascia questa cosa sospesa e tutto ciò ha conseguenze serie e pericolose sull'opinione pubblica”.

Alla terza segnalazione l'Obudsman fa riferimento all'UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), che può attivarsi anche fino a conseguenze drastiche, come la chiusura del giornale o del sito. “Di solito i giornalisti, dopo una nostra segnalazione, stanno attenti per uno o due mesi, ma poi si ricomincia. Soprattutto il periodo estivo è un disastro, ad esempio sull'utilizzo di termini come vu cumprà. In questa fase si sta studiando e predisponendo un nuovo progetto, per arrivare a segnalare non soltanto l'articolo contenente termini discriminatori ma anche i commenti allo stesso”. http://tandemintercultura.wordpress.com


Andrea Braconi

Ultima modifica il Lunedì, 07 Marzo 2016 11:22

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