Sulle fusioni i sindaci si dividono. Pareri diversi ma un'unica certezza: così non si può andare avanti

FERMANO - Garantire ai cittadini servizi efficienti rinunciando alla propria autonomia o conservare storia e tradizioni a discapito di un buon funzionamento della macchina amministrativa? E' il dilemma che negli ultimi tempi divide gli amministratori fermani. Così il sindaco di Grottazzolina, Remola Farina, si definisce “molto perplessa soprattutto da un punto di vista storico e sociologico”. Con le fusioni, per il primo cittadino, i Comuni perderebbero visibilità. “Siamo una nazione fatta di Comuni, la nostra storia si fonda sui Comuni. Con la perdita dei municipi i Comuni più piccoli si ridurrebbero a frazioni di quelli più grandi, perdendo la propria identità”, dice.

Sottolineando le esperienze positive che Grottazzolina sta vivendo, insieme ad altri enti vicini, circa la condivisione di alcuni servizi, il sindaco ribadisce che è quella la strada da percorrere. Quanto ai presunti vantaggi delle fusione, Farina spiega: “Non sono i comuni gli enti che mangiano le fette più grandi della torta. Se ci fondiamo, lo Stato ci promette soldi, ma siamo sicuri che ce li darà e, ammettendo che li dia, che succederà quando saranno finiti?”. E conclude: “Non vedo positività nell’imporre qualcosa dall’alto. E' quando la necessità nasce dal basso che porta risultati significativi”.

Contrario alle fusioni anche il sindaco di Moresco Massimiliano Splendiani. “La crisi che stiamo vivendo non giustifica il dover rinunciare alla storia e all'identità di una popolazione”, dice. “Il Comune – continua – è lo Stato nel territorio, chiudendo i Comuni si allontana ancora di più la cosa pubblica dai cittadini”. Splendiani si dice critico anche sulle unioni dei servizi: “L'esperienza dell'Unione Comuni Valdaso ci dimostra che le cose vanno bene finché ci sono i soldi, i problemi arrivano quando finiscono”. E allora che fare? “Si potrebbe – propone – impiegare nei Comuni il personale delle Province. Così i Comuni potrebbero continuare il loro governo del territorio. Ma chi andrebbe a toccare certi equilibri? È un grande rischio politico...”.

In controtendenza il primo cittadino di Monsampietro Morico Romina Gualtieri. “Fin dal 2009 – dice – sono sempre stata in prima linea per difendere i piccoli Comuni, ma ormai, in un'ottica europeistica, non possiamo fare altro che puntare alla realizzazione di ambiti territoriali ottimali in grado di soddisfare le esigenze dei cittadini, mantenendo però le municipalità”. “In questa fase di forti cambiamenti – continua – noi amministratori non siamo più liberi di amministrare. La strada è segnata, quindi, invece di pensare alla perdita di identità, facciamo una scelta forte e coraggiosa, anche se non indolore. Solo così potremmo fornire ai cittadini i servizi necessari in modo efficiente ed efficace”.

Sulla stessa linea Armando Altini, sindaco di Falerone, che però precisa: “Le fusioni basate su motivazioni prettamente economiche non servono a niente. Utili sono invece quelle fatta da Comuni contigui territorialmente, questo perché, con le fusione, i servizi si accentrano in un unico Comune che deve essere facilmente raggiungile dagli altri”. Da tempo si parla di un Comune unico formato dagli enti del Distretto del Cappello (Falerone, Massa Fermana, Montappone e Monte Vidon Corrado).

“Bisogna valutare attentamente i pro e i contro – spiega Altini –, fare uno studio di fattibilità e ragionare su come riorganizzare i servizi. Almeno all'inizio va mantenuto un front office in tutti i Comuni che si fondono, in modo che i cittadini non perdano il contatto diretto con l'ente. La creazione nel nuovo Comune di centri di servizio, dove confluirebbero anche impiegati di alta professionalità, consentirebbe ai Comuni di fare cose che oggi non sono in grado di fare, come accedere ai finanziamenti europei”.


Francesca Pasquali

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