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Conoscere e prevenire l’ictus. A colloquio con il Dr. Claudio Speranzini

Arrivare in tempo, prima che l’ictus faccia effetto, si può. Occorre conoscerlo e capire dove poter intervenire, e come. Patologia ad elevato rischio di mortalità o invalidità, può essere recidivo ma il fattore tempo e la prevenzione non vanno sottovalutati. A spiegarne di più, il Dr. Claudio Speranzini, dirigente medico della Neurologia e responsabile UOS di Malattie Cerebrovascolari dell’Area Vasta 4 di Fermo.

Cos’è l'ictus? “Con il termine ictus, parola di origine latina ed il cui significato è quello di ”colpo”, si definisce una patologia, certamente acuta, che colpisce le strutture nervose e più frequentemente il cervello connessa ad una alterazione della circolazione sanguigna”.

E che differenza c'è tra quello ischemico e quello celebrale? “Un ictus ischemico, il più frequente nell’85% dei casi, è determinato dalla chiusura di una arteria: la conseguenza è una interruzione del flusso di sangue ad una parte più o meno estesa del tessuto nervoso. Ciò comporta una interruzione di apporto di ossigeno al tessuto nervoso e quindi la sua morte. In pratica è equivalente all’infarto cardiaco a livello del cuore, tanto da definirsi anche “infarto cerebrale. L’ictus emorragico è invece costituito da fuoriuscita di sangue a conseguenza di rottura di un vaso sanguigno. Con la fuoriuscita si determina la distruzione e la morte del tessuto nervoso”.

Come si distinguono? “Non ci sono segni clinici caratteristici per distinguere i due tipi, ma la certezza di quale tipo di ictus trattasi, o ischemico o emorragico, si può avere esclusivamente con utilizzo di esami radiologici quali ad esempio la TC cerebrale”.

Come insorge l'ictus? Quali i sintomi? “Insorgendo in maniera acuta la sintomatologia varia in base all’area cerebrale che viene interessata ed alla sua estensione. In genere i sintomi più diffusi sono riduzione o perdita di forza di un arto, alterata sensibilità di un arto, difficoltà nel parlare, asimmetria a livello della bocca. Talora anche disturbi visivi possono esserne espressione”.

Quali i fattori di rischio? “Alcuni vengono definiti immodificabili, come ad esempio le cause genetiche e l’età: dopo i 65 anni il rischio di avere un ictus raddoppia ogni decennio. Tra i fattori modificabili ci sono: obesità, fumo, sedentarietà, ipertensione, dieta non adeguata”.

Come prevenire? “Controllando la pressione arteriosa, facendo movimento, non fumando e seguendo un adeguato regime alimentare come la dieta mediterranea dove vi sono prevalentemente grassi vegetali, poco sale e pesce azzurro. Per le donne attenzione all’utilizzo di farmaci estroprogestinici, la cosiddetta “pillola”, soprattutto se l’utilizzo si associa a presenza di altri fattori di rischio”.

Cosa fare se accade a se stessi o a qualcuno vicino? “Quando abbiamo il sospetto che un paziente abbia avuto un “ictus” non si debbono fare cose particolari se non quello di adagiarlo supino ponendolo magari su un fianco se fosse presente vomito. Quello invece che certamente si deve fare al minimo sospetto è chiamare il 118 e trasportare il paziente in ospedale. Oggi si può intervenire, anche se solo in determinate condizioni e solo nel caso trattasi di ischemia cerebrale, mediante un trattamento nella fase acuta il cui scopo è quello di sciogliere il coagulo e pertanto di ripristinare la circolazione e quindi l’apporto di ossigeno a livello cerebrale. Non è un trattamento che è sempre possibile fare, ma certamente è un trattamento che si può fare solo precocemente per cui trascorso un determinato periodo di tempo non può più essere messo in atto”.

Agnese Testadiferro

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