FERMANO - Dopo l’evento del “Giubileo del Mondo della Comunicazione” che si è svolto a Roma lo scorso mese di gennaio e che ha visto numerosi giornalisti, operatori dei media, dirigenti e direttori di testata raggiungere San Pietro per l’udienza con il Papa ed il passaggio della Porta Santa, l’Arcivescovo Rocco Pennacchio ha invitato i giornalisti locali e quanti operano nel mondo della comunicazione ad un incontro diocesano presso la sede del Centro Culturale San Rocco, in Piazza del Popolo a Fermo, per un momento di riflessione, dialogo, confronto.
Oltre alla presenza dell’Arcivescovo Pennacchio e del responsabile diocesano dell’Ufficio Comunicazioni Sociali, don Michele Rogante, l’incontro ha visto la partecipazione di tre “Paolini” membri dell’equipe che ogni anno cura la realizzazione del Festival della Comunicazione insieme alla diocesi scelta per ospitare l’importante evento a respiro nazionale: suor Cristina Beffa, don Giuseppe Lacerenza e don Ampelio Crema.
Nell’occasione il “Festival della Comunicazione 2025”, giunto alla XX edizione, è stato presentato alla stampa locale dato che, nell’anno del Giubileo, verrà ospitato proprio nell’Arcidiocesi di Fermo dal 30 maggio all’8 giugno. Il punto di riferimento del festival è la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che cade ogni anno il giorno dell’Ascensione, il primo giugno nel 2025.
“E’ l’unica Giornata voluta dal Concilio Ecumenico Vaticano II, non dal papa o da altri organismi religiosi – spiega il paolino Don Ampelio -. I Paolini e le Paoline vivono di comunicazione, il nostro compito è evangelizzare. Cosa possiamo fare per richiamare l’attenzione del mondo su questa giornata? E’ nata così l’idea di avviare un festival della comunicazione itinerante, con tanti linguaggi. Vogliamo che la Chiesa riscopra questa priorità. Interagiamo con i territori, ogni anno diversi. Ciò aiuta varie realtà a migliorare il loro modo di comunicare. Portiamo attenzione al territorio interessato”.
Gli fa eco suor Cristina Beffa, anch’essa coinvolta da sempre nell’organizzazione dell’evento: “Quest’anno abbiamo pensato alla diocesi di Fermo e devo dire che abbiamo subito avuto un riscontro positivo. La nostra proposta è stata immediatamente condivisa con entusiasmo. Parlando di comunicazione, cinque sono le vie da considerare: la conoscenza, la varietà dei linguaggi, la bellezza (arte, natura), l’aggregazione per comunicare meglio, la solidarietà. Vogliamo che il festival faccia rinascere e faccia crescere i germogli della speranza, senza essere aggressivi nel modo di comunicare. La mitezza è come una farfalla che, se apre gli occhi sull’altro e si pone degli obiettivi, poi riesce a seguirli. Comunicazione è aprirsi all’altro. Ci sono speranze che vanno scoperte e che possono caratterizzare la nostra vita”.
La parola “mitezza” viene ripresa dall’arcivescovo di Fermo, Mons. Rocco Pennacchio: “Questo sostantivo indica non solo un approccio modesto, ma pacatezza, moderazione. Capisco i tempi rapidi della comunicazione, immagino però che perché la comunicazione sia vera sia importante prendersi del tempo e allargare lo sguardo. Occorre aiutare le persone al di là della notizia a capire come il contesto internazionale ci può aiutare. Non dobbiamo incoraggiare la chiusura nel particolare da parte della stampa locale, benvenute invece le riflessioni che allarghino lo sguardo”.
“Per la chiesa è importante comunicare perché la nostra presenza è nel mondo – continua Mons. Pennacchio -. Esaminiamo la missione originaria affidata da Gesù: evangelizzare significa comunicare un’esperienza vissuta, perpetuata per 2000 anni. Ogni forma di comunicazione per noi è la mediazione della comunicazione del grande messaggio della salvezza ricevuta. Il Papa è sensibile ogni anno alla giornata della comunicazione. Il tema scelto quest’anno da Sua Santità tocca un aspetto importante, traendolo dalla Prima lettera di Pietro: “date ragione della speranza che è in voi”, quindi condividete con mitezza la speranza che è nei vostri cuori. Il cristiano comunica la fede con dolcezza e rispetto. Il Papa ci dice che la comunicazione corre il rischio sull’onda dell’emozione o dello scoop, di offendere, di ferire, di creare divisioni. La tendenza è di individualizzare il messaggio, polarizzazione che crea separazione tra le persone. Chi comunica lo deve fare in vista di un bene, per una rinnovata relazione di fraternità. Quindi mitezza e condivisione.
Altro polo del messaggio di Papa Francesco: la speranza. Per i cristiani la speranza di incontrare il Signore alla fine della vita, si nutre di una speranza quotidiana alimentata da una comunicazione che non enfatizza fatti negativi ma che segnala il bene, le piccole luci che contribuiscono ad alimentare la grande speranza. Quindi occorre costruire ponti e legami anche creando notizie che facciano vedere che è possibile un mondo migliore.
Fine del messaggio del Papa – conclude mons. Pennacchio -: non dimenticare il cuore, ossia la comunicazione si professionale ma non arida, c’è bisogno di attenzioni, no alla frettolosità”.
“Avremo 9 giorni di festa e di incontro – interviene Don Michele Rogante -. Una rassegna composta da tanti eventi che ripropongono il multiforme linguaggio della comunicazione: manuale, verbale, teatrale, cinematografico… riproponendo la traccia della mitezza, della speranza e della condivisione. Ci saranno anche iniziative pre festival, percorsi d’arte con laboratori e mostre, e che coinvolgeranno le scuole. Questo lo slogan scelto per il Festival: “Accendiamo la speranza, una diversa comunicazione è possibile”. Da mesi stiamo lavorando insieme ai Paolini e alle Paoline, con una equipe formata da Chiara Curi, Adolfo Leoni, don Enrico Brancozzi, e l’assessore al turismo del Comune di Fermo Annalisa Cerretani. Fermo sarà ampiamente coinvolta, ma non solo: tante saranno le realtà della nostra diocesi protagoniste”.
A chi vi rivolgerete nei 9 giorni del Festival? Rispondono suor Cristina e don Ampelio: “ogni persona è comunicatore, ha un messaggio da comunicare. Per il festival si è attenti a tutti i target, dai bambini che coinvolgeremo prima del festival, ai giovani, alle età adulte”.
“Centrale sarà il concetto che il bello suscita interesse e deve essere ben comunicato, evitando di puntare sulle “tre esse”: soldi, sesso e sangue – conclude suor Cristina -. Apriremo altresì gli occhi sull’uso delle nuove tecnologie, sul bisogno di educare all’utilizzo saggio di questi strumenti”.
Alessandro Sabbatini