Ultime dai pollini: arrivano una task force e il decalogo sulla gestione del verde urbano

SALUTE - Alla primavera molti di noi associano la parola allergia, in particolare quella da pollini, che interessa in varia misura il naso, con starnuti “a salve”, prurito, secrezione acquosa, ostruzione (rinite); gli occhi, con prurito, lacrimazione, iperemia congiuntivale (congiuntivite); i bronchi, con tosse secca o vera e propria dispnea improvvisa con respiro sibilante (asma). Si stima che circa il 30 % della popolazione possa sperimentare nel corso della vita la rinite allergica, non sempre causata dall’esposizione a pollini, ma anche ad acari della polvere, derivati degli epiteli animali, spore fungine, allergeni professionali.

I sintomi primaverili indotti dall’esposizione ai pollini sono dovuti ad alberi ed erbe che affidano al vento la propria riproduzione e pertanto rilasciano nell’aria elevatissime quantità di polline che viaggia anche per molti chilometri consentendo la fecondazione di altre piante della stessa specie (impollinazione anemofila). I pollini responsabili di allergia hanno delle molecole (allergeni) riconosciute da soggetti predisposti, i quali presentano sintomi quando si espongono ad esse.

L’esposizione non può essere evitata: come si può impedire ad una nube pollinica di diffondersi nell’atmosfera e di raggiungere aeree distanti chilometri o di introdursi negli edifici abitati? Il movimento ecologista europeo Fareambiente e la Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC) hanno costituito una task force contro i pollini dannosi, e i loro rappresentanti, in una conferenza tenutasi alla Camera dei Deputati lo scorso 18 marzo, hanno lanciato un decalogo sulla gestione del verde urbano per limitare la liberazione di pollini allergizzanti nell’aria dei centri abitati.

Si tratta di interventi che tentano, per quanto possibile, di migliorare la qualità di vita dei soggetti allergici che vivono nelle aeree urbane, dove gli agenti inquinanti, sia materiale particolato che composti gassosi, derivanti principalmente dal traffico autoveicolare e dagli impianti di riscaldamento, potenziano le reazioni allergiche dell’apparato respiratorio. La scelta e la gestione del verde pubblico possono seguire degli accorgimenti, raccolti appunto nel decalogo su citato, che mirano a ridurre sia la presenza di specie vegetali fortemente allergizzanti, sia la dismissione nell’atmosfera dei loro pollini.

A differenza di alberi notoriamente fonte di alte quantità di pollini allergizzanti (cipresso, betulla, olivo, nocciolo), esistono specie utilizzabili per il verde pubblico, che hanno un impatto allergenico assai minore (tiglio, acacia, ciliegio, leccio, gelso) o, che essendo entomofile, affidano agli insetti l’impollinazione e non rilasciano i pollini nell’aria. Se la potatura delle siepi e la falciatura dei prati delle aree urbane fossero eseguite prima della fioritura e preferibilmente nelle ore notturne e nelle giornate poco ventilate, si ridurrebbe la dispersione dei pollini nell’aria.

E’ auspicabile che le specie arboree, arbustive e prative allergizzanti (graminacee, parietaria) siano rimosse dai luoghi di aggregazione delle città e che nella programmazione degli eventi pubblici si tenga conto dei calendari pollinici. L’esposizione ai pollini viene monitorata da molti anni attraverso campionatori che intercettano i diversi pollini presenti nell’aria e consentono di misurarne la concentrazione (numero di pollini di una data famiglia per metro cubo di aria) e di seguirne le variazioni nel tempo (calendari pollinici); questi dati sono rilevanti perché condizionano l’intensità delle reazioni allergiche respiratorie.

Negli ultimi anni, le acquisizioni nel campo della biologia molecolare hanno permesso di andare oltre la cosiddetta “conta pollinica” e di misurare la concentrazione nell’aria degli allergeni principali di quel polline. Si è così scoperto che variazioni climatiche, territoriali, di cultivar, influenzano sia il numero di pollini liberati nell’aria che il loro contenuto in allergeni maggiori e cioè la loro ‘potenza allergizzante’.

L’esposizione fa sì che un soggetto predisposto possa sensibilizzarsi e poi diventare allergico a quel polline, ma con le nuove conoscenze, possiamo distinguere quali componenti allergeniche di quel polline il soggetto riconosce (profilo di sensibilizzazione); si è visto quindi che le diverse molecole allergeniche presenti nei pollini di una data area geografica determinano il profilo di sensibilizzazione degli abitanti di quella zona. Tali informazioni stanno modificando l’approccio diagnostico e terapeutico alle allergopatie respiratorie da pollini e ci si aspetta quindi che consentano, insieme agli interventi di prevenzione ambientale, difficili da attuare e comunque parziali, di gestire in maniera più efficace queste patologie così diffuse.

Dr.ssa Anna Fusari - U.O.S. Allergologia Area Vasta 4 Fermo

Ultima modifica il Lunedì, 10 Ottobre 2016 11:13

Devi effettuare il login per inviare commenti

Annunci

Vai all'inizio della pagina
Preferenze Cookie
Le tue preferenze relative al consenso
Qui puoi esprimere le tue preferenze di consenso alle tecnologie di tracciamento che adottiamo per offrire le funzionalità e attività sotto descritte. Per ottenere ulteriori informazioni, fai riferimento alla Cookie Policy.Puoi rivedere e modificare le tue scelte in qualsiasi momento.
Analytics
Questi cookie ci permettono di contare le visite e fonti di traffico in modo da poter misurare e migliorare le prestazioni del nostro sito. Ci aiutano a sapere quali sono le pagine più e meno popolari e vedere come i visitatori si muovono intorno al sito. Tutte le informazioni raccolte dai cookie sono aggregate e quindi anonime.
Google Analytics
Accetta
Declina
Accetta tutti
Rifiuta tutti
Salva la corrente selezione